Aggiornamento: Ieri mi sono imbattuto su un articolo che parla dell'uso dell'Amanita nel passato a scopo alimentare, riporto alcune righe per chi desidera approfondire l'argomento dal punto di vista storico:
"È testimoniato che nell'Ottocento, in Francia, l'Amanita muscaria era diffusamente consumata come alimento previa accurata preparazione che le toglieva le proprietà allucinogene.
Secondo quanto confermano i micologi nostrani del XIX secolo, essa veniva analogamente usata anche nella penisola. Antonio Venturini, in due studi del 1842 e del 1856, conferma che l'Amanita era ben conosciuta dai nostri avi.
Nel lavoro del 1842 scriveva infatti: "Tutti i villici della riviera benacese e segnatamente quelli di Toscolano, di Maderno, di Gaino e di altre terre vicine, conoscono quanto quel fungo possa nuocere, se mangiato senza preparazione: ma non per questo essi lo temono, ché anzi lo vanno cercando e come fungo di conserva lo preferiscono a tutti gli altri"
In ITALIA:
F. Cavara (1897) confermava che in Vallombrosa (Firenze) l'Amaníta muscaria veniva comunemente consumata e affermava: "Posso assicurare, per relazione di molti, che in alcuni paesi di Toscana, per esempio sopra Pontassieve, nel tardo autunno questo agarico viene raccolto in quantità e messo a purgare in mastelli o bacinelle la cui acqua è rimutata ogni giorno, e ciò per 10 o 12 giorni, dopo di che viene ammannito alla stessa guisa degli altri funghi, mangiato e trovato eccellente. Occorre per ciò fare che la stagione sia fredda".
L'ovolo malefico, così lo chiamano correttamente da quelle parti, era abitualmente consumato dopo debite preparazioni (bollitura con aceto, conservazione sotto sale, spurgo con acqua corrente). Secondo le testimonianze, l'uso di cibarsi di questo fungo, durato fino all'inizio della 2'guerra mondiale, era dovuto unicamente a problemi di ordine economico.
L'Amanita muscaría veniva raccolta in maggio e ottobre. Era conservata in "bigonce" (recipienti di legno di castagno) e messe a spurgare per 30-40-50 giorni. A.Venturi, nel suo lavoro del 1842, riferiva invece a proposito dell'uso che se ne faceva sul lago di Garda: "Nella nostra riviera si costuma far bollire l'agarico moscarico in un'abbondante quantità di acqua, e di metterlo dopo nella salamoja. Lo stesso si pratica in Russia e in Lapponia"
Uso ricreativo e medico (cura malinconia e depressione):
in uno scritto del dottor Teyro, apparso su La Domenica del Corriere, e richiamato dal noto micologo G. Ferri (1934) che lo commenta brevemente, riportando come segue le esperienze dell'articolista: "la scoperta non è mia; appartiene al dottor Gian Batista Grassi di Rovellasca, che, molti anni or sono, ha fatto degli esperimenti con questo fungo.
La cosa mi ha tentato e, tempo fa, in una giornataccia di malumore, ho scacciato, con 20 grammi di agarico moscario fresco, ogni malinconia dalla mia mente, conquistandomi il più assoluto benessere, la più calma sensazione di voluttà, una grande limpidezza di pensiero e un'intensa volontà di lavorare, ciarlare, occupare mente e corpo. Una seconda volta ho aumentato la dose, una terza e una quarta ancora. Alla quarta volta, nello spazio di otto ore, ho preso circa 100 grammi (dico cento) di muscario fresco, e questa fiata l'effetto fu maggiore.
Ho cantato, ballato, schiamazzato, riso; ho goduto di un'allegria pazza, sono stato felice.
Ne ho somministrato a parecchi amici e l'allegria di quelle ore in comune è superiore a qualsiasi descrizione. Il dottor Grassi racconta poi di aver guarito con una cura di agarico muscario, un individuo che si era dato a profonda malinconia con inclinazione al suicidio!".
Tratto da: Pierluigi Cornacchia, 1980, Notizie storiche e contemporanee sull'uso dei funghi psichedelici in Italia, in: P Cornacchia, I funghi magici, Milano, Editiemme, pp. 103-117 (fonte web)