visto il tema passo i miei pensieri di qualche anno fa
Io sono un uomo che volentieri qualche volta l’anno si avvicina agli enteogeni. Vuoi per cultura, vuoi per predisposizione, entro sempre in un universo parallelo che si impregna di realtà e verità. Sono le modalità dell’approccio a fare la differenza. Se io faccio una sacra pianta con l’intento di drogarmi, magari in un ambiente o con delle persone sbagliati, non riuscirei mai e poi mai a cogliere l’antica magia insegnataci dalla natura. Ciò non toglie che pur con tutta la purezza di cuore possibile si possa incorrere in errori imputabili alla nostra ignoranza in merito al rituale che ben conosce tempi e modi.Siamo partiti in 4 per andare in Francia a fare Iboga sotto la guida di Nganga Bessala, due uomini e due donne. Tre ci sono andati per problemi legati alla tossicodipendenza, io per cercare un modo diverso di curarmi rispetto alla medicina ufficiale. Sono molti anni che sono ammalato, ma ultimamente mi è spuntato pure un carcinoma maligno, e le cure ufficiali sono terapie per lo più devastanti: la radio-terapia e la chemio-terapia. E qui secondo me ho fatto un doppio sbaglio: ho voluto aiutare una persona che molto probabilmente non ce l’aveva neanche per la testa di voler essere aiutata, e ho distratto il mio intento rispetto al motivo per il quale volevo fare iboga. Siccome iboga la voglio fare ancora, non ripeterò più gli sbagli.
Ci siamo accomodati in una graziosa mansarda con terrazzo e ho avuto modo di parlare con Bessala e di richiedere quindi un trattamento di una certa potenza dati quelli che erano i presupposti. Eravamo ancora in attesa di cominciare e Bessala ha somministrato un po’ di iboga a T. che era in stato di semi incoscienza per l’astinenza. In circa venti minuti gli ho visto cambiare l’espressione del viso e nel giro di nemmeno un’ora era di nuovo in piedi che aspettava il momento.Bessala ci ha prima fatto fare una doccia e ci ha poi bagnati con una sua preparazione molto profumata e dopo aver messo il suo pugno sulla nostra testa ci ha appoggiato una foglia ed un fiore altrettanto profumati e con una specie di schiaffo ha spappolato foglia e fiore facendo un forte schiocco. Dopo le abluzioni siamo passati all’assunzione vera e propria di 12 cucchiaini da te a testa di radice. Certo che un gusto peggiore iboga non poteva trovarlo, non ho mai assaggiato niente di così schifoso. Ci siamo sdraiati al nostro posto mentre qualcosa di indefinibile e potentissimo stava salendo.
Dopo circa un’ora abbiamo dato sfogo ad una delle vomitate più potenti che si possano ricordare e da quel momento ognuno è partito per il proprio viaggio. Un viaggio incredibilmente lucido, un accavallarsi di allucinazioni indotte anche dalla musica, da ogni riverbero di luce, lastre di luce che mi spezzavano la visuale, ricordi della mia infanzia, analisi critica di alcune situazioni del presente, sensazione di essere toccato in tutti i punti che mi fanno male, una vertigine potentissima che mi sollevava da terra e mi faceva stramazzare al suolo, in certi momenti un vero e proprio malessere, il tutto in alternarsi continuo, due notti e un giorno, che comunque nel suo complesso mi ha lasciato una sensazione di euforia.
E’ difficile riuscire a dire in due parole tutti gli straordinari avvenimenti che sono accaduti. Il fatto è che io mi sono avvicinato ad iboga con l’intento di ricercare la medicina, e di fatto quando mi sono ripreso ho scoperto che la massa esterna del carcinoma si era ridotta di circa la metà. E’ un ottimo risultato, purtroppo devo dire che l’altra metà mi dà sufficienti preoccupazioni per le quali mi tocca comunque rivolgermi agli ospedali.
Vorrei avere la possibilità di curarmi con le piante di potere, ma quello che ho fatto è da considerare cosa rara. Mi piacerebbe andare in Cameroun a fare una giusta sessione di iboga, oppure andare in sud-America a fare una sessione di ayahuasca , oppure, se devo morire, morire senza accanimento terapeutico, con una presa di coscienza anche della mia morte. Quello che mi dispiace un po’ di tutta la storia è che degli altri tre nessuno è stato capace di cogliere la palla al balzo che iboga offriva. Ma non è stata colpa di iboga, semplicemente queste persone stanno meglio a rimpinzarsi di polverine, e per me è rimasta l'illusione di aver voluto aiutare qualcuno al quale non interessava niente di essere aiutato.
E’ questo un tema che per me, per il mio vissuto, sta diventando uno dei cardini sui quali imposto le mie esperienze con gli enteogeni. L’anno scorso era stato pubblicato qui sul bollettino un articolo su iboga che costituiva il mio primo approccio con la grande medicina. Con questo non voglio dire che fosse la prima volta che io usavo enteogeni, ma che era la prima volta che mi approcciavo ad essi con il forte intento della medicina.
E’ chiaro che finché va tutto bene o quasi l’intento con il quale affrontiamo l’esperienza può anche essere labile o addirittura ludico, non definito, anch’io nei tempi passati mi sono divertito come un matto, ma le cose cambiano quando invece le cose si fanno molto serie. La mia diagnosi era "carcinoma maligno squamoso infiltrante". Era il momento nel quale sentivo in pericolo la mia vita fisica, nel quale l’idea della morte si era ben delineata nella mia mente, e nel quale, sulla scorta di tutta una serie di studi, avevo deciso per la mia vita, che se dovevo morire, volevo morire a modo mio. Ed il mio modo era quello di morire con la mente aperta, con una coscienza che solo le piante di potere possono sollecitare, per non parlare appunto dell’uso straordinariamente medicinale di tali piante nelle culture indigene del mondo che ci arriva soffuso in mezzo ad una letteratura che, sembra, solo di sfuggita approfondisce questo aspetto.
Penso di non dire niente di nuovo affermando che siamo sottoposti ad un avvelenamento che non è solo squisitamente fisico, per quanto preponderante, bensì psichico. Sono le idee inculcateci dal sistema, quelle idee che mettono molta cura nell’allontanare l’individuo dalla coscienza di possedere quella scintilla divina che è configurata anche nel termine stesso di enteogeni. Ci è precluso il contatto col divino e con la trascendenza che questo contatto implicherebbe. La contaminazione avviene quindi per me prima su altri piani che non su quello fisico che, sempre per me, rimane l’ultimo ad essere informato dello squilibrio, cioè quando ci fa male qualcosa. Non voglio qui aprire una diatriba sulla psiche e sul soma ai quali io aggiungo lo spirito. E noi poi non siamo più capaci di ascoltare neanche noi stessi perché abbiamo altro da fare. Ma se il mio ragionamento non è errato e quindi se il male parte dalla mia mente avvelenata allora io parto proprio da quella perché essa ordini al mio corpo, e le piante di potere mi danno il modo di fare tutto ciò.
Non so se sia comune a tutti, ma con i funghetti ho sempre fatto dei viaggi all’interno del mio corpo, rivelando così la loro natura che come sappiamo molto bene si presta ad un’opera di medicina, soprattutto se con l’atteggiamento di un guerriero corroboriamo l’azione, l’atto, con un intento inflessibile. Ma non finisce qui! Abbiamo perfettamente dimenticato l’uso sacramentale che necessariamente scaturiva da un rapporto col divino, il profondo rispetto che la natura incute in quanto manifestazione anch’essa del divino. "Questa insuperabile crasi tra il divino e l’umano che caratterizza le attuali concezioni" è stato il punto nodale che ho cercato di comprendere e di sviluppare e di superare nei più disparati modi; dal mio retroterra culturale ad un empirismo che talvolta ha rasentato la più pura follia, da uno studio il più possibile ragionato al mio profondo sentire, alle illuminazioni donate dalle piante.
Mentre tornavo a casa dall’esperienza con iboga mi sono visto avvolto da una luce bianca che aveva un che di rassicurante, come se una piccola voce dentro di me mi dicesse di non preoccuparmi perché ora ero protetto. Quindi al di là della riduzione della massa carcinosa che ho nettamente avvertito, la cosa più importante era questo senso di protezione che mi derivava unicamente da quella potenza.
Con i funghetti, che sono il mio canale preferenziale, è successo di tutto e di più. Durante queste sedute sono entrato di persona nel mio corpo, proprio laddove esisteva il male, e ho visto legioni di piccole potenze della madre terra agire sempre in modi differenti ma sempre con un’efficacia straordinaria; un sistema di impalcature che nemmeno i nostri più bravi ingegneri sanno organizzare così efficacemente. Ho visto uscire dal mio corpo delle cose che finché erano dentro mi causavano il male, ho visto delle opere di pulizia che nessun ospedale al mondo potrebbe compiere. Lo sapete tutti bene che è difficile raccontare queste cose, ma il corpus che me ne rimane è inequivocabile. Ad un certo punto ho cominciato davvero a chiedere qualcosa alla potenza che inevitabilmente mi ha sempre risposto.
Poi non posso qui raccontare anche di altri enteogeni, ma le esperienze mi conducevano ad un’interpretazione univoca del tema. E cioè che con i giusti presupposti è realistico dire che se riesco a stabilire il contatto tra la mia scintilla divina ed il divino stesso, quindi a trascendere dalle idiosincrasie di carattere prevalentemente razionale e materiale che caratterizzano tutte le tematiche di noi occidentali, io posso. Si, posso, tant’è vero che ho appena eseguito l’ultimo di una serie di interventi che mi hanno portato alla guarigione. Se è vero che io non voglio togliere il giusto merito all’ospedale, a molti dei suoi medici che sono veramente mossi da uno spirito giusto, è altrettanto vero che solo io so che cosa è successo con le piante di potere, e se l’ospedale ha aiutato il mio corpo le piante hanno aiutato quella mia povera mente avvelenata ad elevarsi ad una certa condizione di disintossicazione dal mondo attuale nel quale l’equilibrio tra le componenti diventa importante.
Se questa guarigione è avvenuta lo devo ad una serie concomitante di cose fra le quali gli enteogeni rivestono un ruolo determinante, ma sono cose che non puoi dire né ai carabinieri né ai politici e né, ahimè, ai medici. L’ignoranza imperante comunque non mi impedirà di procedere nel mio personale contatto col divino, anzi, ogni volta la mia vita si carica di una piccola grande sapienza, che pur risentendo di questa cultura nella quale sono nato, si vuole avvicinare sempre di più ai sentimenti atavici dei nostri archetipi che da soli mi insegneranno il giusto modo sia di operare che di vivere.
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