Mi imbatto sempre più spesso in quel che è definibile "ragionare per ambiti" o per "compartimenti stagni". In poche parole, persone che sostengono un concetto o si dimostrano particolarmente tolleranti ed aperti su determinate questioni si rivelano non all'altezza di tale condotta in ambiti altri. Si tratta di un atteggiamento comunque generale che è difficile scrollarsi di dosso ed anch'io mi ritengo in un qualche modo affetto (ma sto cercando il più possibile di liberarmene).
Qui siamo su Psychonaut, parliamo di roba che verrebbe giudicata immorale, oscena ed in un certo senso "suicida" o "masochista" da una grossa fetta di "itagliani" (e non solo), siamo tendenzialmente diversi dunque, liberi, tolleranti ecc. Ma nonostante ciò se rivolgiamo il nostro interesse verso un argomento diverso il nostro atteggiamento cambia.
Il suicidio ad esempio.
Perché demonizzare il suicidio? Perché giudicare persone che nemmeno si conoscono? Perché generalizzare/banalizzare? Perché ricorrere alla solita retorica? La vita è un dono? La vita è bella? La vita è preziosa? Peccato non la pensino tutti allo stesso modo!
Il mio è un invito alla riflessione, non un'apologia del suicidio.
Personalmente in me questa idea ha sempre avuto vita difficile, non ha mai acquisito intensità, non ho mai voluto ammazzarmi insomma.
A prescindere da questo contesto però, ritengo di essere troppo "sano" biologicamente e mentalmente e - attenzione! - questa è una critica che rivolgo alla mia persona perché dopotutto per certi versi esser sani rappresenta un handicap. Vi prego di non banalizzare il mio pensiero, io sono il primo che ama correre, pedalare, avere il cuore che pulsa a mille sotto il solleone di agosto. Sono il primo che ama quel "conatus essendi" di spinoziana memoria.
E conosco la problematica, ho un amico che ha più volte tentato di ammazzarsi e non gli ho detto "che peccato! Ritenta, sarai più fortunato!".
Ma come dice Abej, quando non c'è più un senso il suicidio è un'ipotesi allettante. Occhio però, il suicidio dovrebbe essere un atto libero (il più libero possibile dato che non siamo mai liberi al 100%), farsi condizionare dal momento, dalla ragazza/o che ci pianta in asso, non sarebbe una scelta saggia (ma comunque non condannabile, siamo anche fatti così, di momenti, di irrazionalità, di foga).
Personalmente penso che debba essere una conseguenza filosofica, frutto di un lavoro teoretico e ragionato nel tempo.
In quanti pensano che non ci sia un senso alla vita? Che tutto ciò che esiste sia vano, gratuito, condannato a perire ed a svanire? In tanti. In quest'ottica il suicidio sarebbe una logica (ma non necessaria!) conseguenza.
Sul far male agli altri. Io vi chiedo, voi vivete in funzione degli altri o in funzione di voi stessi? Rinuncereste ai vostri sogni pur di non deludere i vostri genitori che vi vogliono magari col posto fisso a lavorare in un alveare di cemento per il resto dei vostri giorni? Rinuncereste alla ragazza che vi fa ardere il cuore (e non solo quello) per rimanere tranquilli e sicuri con la persona a cui siete affezionati ma che ormai non rappresenta più una "fiamma"?
Riflettiamo insomma, smettiamola con la retorica moralista e perbenista, con la paura dell'ignoto. Prendiamoci meno sul serio.