L'INCONTRO DI GROF CON UN GURU INDIANO
Swami Muktananda e il Siddha Yoga
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Muktananda sapeva che avevo lavorato con l'LSD e cominciò a parlare dell'uso di sostanze psicoattive nella pratica spirituale. Espresse la convinzione che le esperienze indotte da queste sostanze fossero in stretta relazione con quelle ricercate nel Siddha Yoga.
"Mi risulta che hai lavorato con l'LSD," disse per mezzo del suo interprete, una giovane donna indiana che molti anni dopo designò come suo successore con il nome di Swami Chitvillasananda. "Noi qui facciamo qualcosa di simile. Ma la differenza consiste nel fatto che nel Siddha yoga insegnamo alle persone non soltanto ad andare in alto, ma anche a rimanere in alto," dichiarò, sicuro di se. "Con l'LSD si possono avere grandi esperienze, ma poi si torna giù. In India ci sono molti seri ricercatori spirituali, bramini e yogi, che usano le piante sacre nella loro ricerca spirituale," continuò Muktananda, "ma non sanno come farlo in modo corretto."
Cominciò poi a parlare della necessità di avere un approccio rituale rispettoso per la coltivazione, la preparazione, il fumo e l'ingestione della canapa indiana (cannabis indica) sottoforma di bhang, ganja o charas, e criticò l'uso casuale e irriverente di marijuana e hashish da parte delle giovani generazioni in occidente.
"Gli yogi fanno crescere, raccolgono e lavorano la pianta con grande consapevolezza e devozione," disse. "Prima la lasciano a bagno nell'acqua per 14 giorni in modo da liberarla da tutti gli ingredienti tossici e poi la seccano. La mettono in un chyloom (una pipa speciale) e la fumano. Poi giacciano nudi in estasi nella neve e nel ghiaccio dell'Himalaya." Mentre parlava del fumo con il chyloom e dell'estasi degli yogi, Muktananda assumeva espressioni, movimenti e posizioni come se stesse vivendo tali esperienze.
Nel corso della discussione, chiesi a Muktananda informazioni sul soma, la pozione sacra dell'antica india che viene citata piu di mille volte nel Rig Veda, e che ha giocato un ruolo cruciale nella religione vedica. Questo simbolo sacro era preparato da una pianta con lo stesso nome, di cui, nel corso dei secoli, si è persa l'identità. Avevo trovato affascinanti i racconti riguardanti il soma e speravo che Muktananda potesse avere conoscenze che portassero alla sua identificazione botanica e a isolarne il principio attivo. Scoprire il segreto del soma era a quel tempo il sogno di molti di noi, impegnati nella ricerca psichedelica.
Parlando del soma, Muktananda scartò l'ipotesi sostenuta dal micologo Gordon Wasson, che la pianta fosse il fungo Amanita Muscarinica. Mi assicurò che non era un fungo, ma una pianta rampicante, il che non mi sorprese molto, dal momento che un altro importante elemento della farmacopea psichedelica era l'ololiqui, il "sacramento" mesoamericano. Si tratta di una preparazione che contiene i semi di Ipomea Violacea, che potrebbe essere considerata una pianta rampicante, dato che cresce con l'aiuto di viticci.
Ma quello che seguì fu per me una grande sorpresa: Muktananda non solo sapeva cosa fosse il soma ma mi assicurò che ancora oggi era usato in India. Sostenne infatti di tenere regolari contatti con i sacerdoti che lo usavano nei loro rituali. E, a quanto diceva, ogni anno alcuni sacerdoti andavano dalle montagne fino a Ganeshpuri, il piccolo villaggio a sud di Bombay dove si trova il suo ashram, per celebrare il suo compleanno e, in quel occasione, si teneva sempre la cerimonia del soma. Alla fine dell'incontro, Muktananda invitò Christina e me a visitare il suo ashram il giorno del suo compleanno e promise di dare istruzioni perchè partecipassimo a questo antico rituale.
Sembrava che il darshan si fosse trasformato in uno scambio di informazioni, quasi professionali, sulle "tecnologie del sacro", ma improvvisamente la situazione prese una svolta inaspettata. Senza nessun preavviso, Muktananda bruscamente allungò la mano per prendere una scatola di dolci che stava sul tavolino al suo fianco. Nell'anshram si trovavano sempre dolci sparsi qua e la, poichè Muktananda aveva spiegato che Shakti, la divina energia femminile, aveva grande affinità con i dolciumi, e il bar abbondava di confezioni di ogni genere. Muktananda tirò fuori dalla scatola due pasticcini, li scartò con grande abilità e me li mise in bacca schiaffeggiandomi le guance piuttosto violentemente; mi colpì quindi sulla fronte e mi diede un calcio negli stinchi.
Poi si alzò facendomi capire che il darshan era finito. Sulla porta, mentre stavamo per uscire, ci guardò e disse: "Avremo due ritiri impegnativi sullo shivaismo del kashmir, siete entrambi invitati come miei ospiti". Prima che lasciassimo la stanza mi guardò intenzionalmente e disse: "sarà per te molto interessante". A quel tempo non sapevo nulla sullo shivaismo, dal nome potevo solo intuire che avesse a che fare con Shiva. Ringraziammo Muktananda, ci salutammo e uscimmo dalla stanza del darshan per entrare nella spaziosa sala dell'ashram riservata alla meditazione.
Fuori c'era una grande folla che aspettava di vederci uscire, per la maggior parte sembravano persone arrivate al Siddha Yoga per le loro esperienze psichedeliche. Sospettando che la mia discussione con Muktananda avesse affrontato l'argomento delle sostanze psichedeliche, volevano sapere se il guru aveva detto qualcosa a riguardo. Dovetti quindi passare attraverso un fuoco incrociato di domande del tipo: "di che cosa avete parlato? Baba ha detto qualcosa sull'acido? Ha detto che le sostanze si possono usare?"
Non avevo alcuna voglia di essere socievole, ed ero consapevole di alcune strane sensazioni del mio corpo, come se qualcosa mi stesse ribollendo in testa. Scusandomi, mi liberai dalla folla e mi indirizzai nella parte piu lontana della sala di meditazione. Li mi sedetti con le gambe incrociate, la schiena premuta contro la parete e gli occhi chiusi. Sentii che era il modo migliore per capire cosa stava accadendo dentro di me.
Gli yogi siddha godevano della reputazione di poter risvegliare con lo shaktipat (tocco del guru), l'energia psichica interiore, e io "sapevo" che quanto Muktananda aveva appena fatto con me era proprio questo. Non mi aspettavo però alcuna reazione significativa visto che non mi consideravo particolarmente suggestionabile. A quel tempo ero convinto che nulla se non una sostanza fortemente psicoattiva, potesse cambiare significativamente la mia coscienza. La mia reazione mi colse di sorpresa.
Pochi secondi dopo aver chiuso gli occhi mi ritrovai in una stato di completa nullità, in un vuoto che aveva dimensioni cosmiche. Per descriverlo, potrei dire che mi sentii sospeso un uno spazio interstellare, un luogo a metà strada tra la Terra e l'Alpha Centauri. Ma questo era soltanto un aspetto molto superficiale dell'esperienza e non comprendeva il senso di profonda pace e tranquillità di questa situazione e le straordinarie intuizioni metafisiche che vi erano associate. Sentii di trovarmi in uno stato che trascendeva tutte le polarità , con una comprensione totale dell'esistenza. Sembrava che questo vuoto cosmico, in qualche modo, contenesse il segreto dell'essere e della creazione. Quando riaprii gli occhi di nuovo mi accorsi che era passata piu di un'ora dalla fine del darshan.
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