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[h=1]La cocaina fa male. Anche alle foreste[/h] [h=2]In Colombia le piantagioni di coca mettono a rischio alcune delle aree più ricche di biodiversità del mondo[/h] di Brian Handwerk
tratto da: La cocaina fa male. Anche alle foreste - National Geographic
La cocaina rovina la vita e distrugge le famiglie, ma non solo tra i consumatori. Secondo un nuovo studio, la coltivazione della coca - la pianta da cui si ricava la cocaina - è tra le cause della crescente deforestazione nelle foreste pluviali colombiane. L'ecologa Liliana M. Dávalos della State University of New York e i suoi colleghi hanno anche misurato per la prima volta la deforestazione indiretta causata dalla coca, come ad esempio i tratti di foresta liberati per coltivare piante alimentari vicino alle piantagioni di coca.
"Abbiamo riscontrato che i tratti di foresta vicini alle piantagioni di coca della Colombia meridionale hanno maggiori probabilità di andare perduti", dice Dávalos. "E più coca c'è nelle vicinanze, più foresta andrà distrutta"
La coltivazione di coca, dunque, sta pesantemente danneggiando le specie vegetali e animali in una delle aree più ricche di biodiversità del mondo. Le foreste colombiane ospitano molti animali a rischio d'estinzione, tra cui aquile arpia, tapiri, rane dorate, orsi dagli occhiali.
Secondo gli autori, i risultati della ricerca segnalano la necessità di estendere la tutela a zone più ampie della foresta colombiana, dalle Ande all'Amazzonia: Dávalos e i suoi colleghi hanno scoperto che l'istituzione di parchi nazionali e altre aree protette, pur non eliminando per tutto le attività legate alla droga, le riducono notevolmente.
Le foglie di coca contengono un quantitativo minimo dell'alcaloide della cocaina. Da sempre gli abitanti delle Ande le masticano per trarne un blando effetto stimolante. Dalla pianta si ricava anche un infuso (il mate) e un tipo di farina. Ma l'esplosione globale del consumo di cocaina richiede di coltivare la pianta in quantitativi sempre maggiori.
Il nuovo studio, pubblicato sulla rivista Environmental Science & Technology misura la deforestazione a partire dalle immagini satellitari utilizzate normalmente proprio per individuare le piantagioni illegali. Nelle immagini, le piante di coca, di color verde chiaro, spiccano sullo sfondo della vegetazione più scura. I ricercatori hanno anche utilizzato le foto aeree scattate durante i voli di controllo.
Lo studio dimostra che le aree di foresta distrutte per liberare terreni su cui piantare la coca sono relativamente poco estese. Ma quando i coltivatori illegali si spostano in un'area remota per piantare la coca, diventa necessario coltivare anche piante alimentari, perfettamente legali, che però causano deforestazione in zone cruciali per la salvaguardia della biodiversità.
Dávalos precisa che questi effetti non sono visibili ovunque in Colombia. Il meccanismo è piuttosto complesso: "In definitiva, si pianta la coca in zone che sono già sottosviluppate economicamente". Vale a dire che le coltivazioni illegali vengono impiantate in aree che normalmente resterebbero incontaminate perché non sarebbe conveniente utilizzarle per altre attività economiche.
Lo studio suggerisce che estendere la protezione ad altre aree potrebbe essere un buon punto di partenza.
"Non che la deforestazione sia del tutto assente nei parchi nazionali, ma è almeno più lenta", sottolinea Dávalos. "Se prendiamo due aree che hanno le stesse caratteristiche, una protetta e l'altra no, scopriamo che in un determinato periodo di tempo l'area non protetta subirà una deforestazione più significativa.
Qualche buona notizia per le foreste viene da Rafael Lemaitre dell'ONDCP, l'agenzia del governo USA per le politiche di controllo della droga. Secondo le statistiche, la capacità produttiva delle piantagioni di coca colombiane è scesa da 700 tonnellate di cocaina nel 2001 a 270 nel 2009.
Poiché mancano i dati storici, non è chiaro quanto sia stato alto il tasso di deforestazione negli anni del boom, quando la quota di cocaina prodotta in Colombia passò dal 10 per cento del totale mondiale del 1987 a un picco del 74 per cento nel 2000.
Dávalos aggiunge che nel periodo in cui è stata realizzata la sua ricerca, la superficie totale delle terre coltivate a coca in Colombia è scesa a causa della distruzione o dell'abbandono di numerose piantagioni. Ma contemporaneamente ogni anno spuntano nuovi campi coltivati, per cui il tasso di deforestazione resta crescente.
Poiché il 95 per cento della cocaina consumata negli Stati Uniti viene dalla Colombia, il calo della produzione potrebbe corrispondere a un calo della domanda americana. Nel 2009, il più importante studio sul consumo di droga mai realizzato negli USA aveva mostrato che il numero dei consumatori di cocaina maggiori di 12 anni era calato del 20 per cento rispetto al 2007.
"La buona notizia è che la coltivazione di coca e la produzione di cocaina sono calate drasticamente", commenta Lemaitre. "La cattiva è che le conseguenze ambientali della coltivazione restano gravi".
I coltivatori di droga usano molti pesticidi, alcuni dei quali sono illegali in Colombia, continua Lemaitre. "Gli scarichi tossici sono sversati nel suolo o nei fiumi che attraversano la Colombia rurale.
Dávalos sottolinea comunque che la sua ricerca ha chiarito almeno un aspetto: "Abbiamo scoperto che c'è un filo che collega tutto, dal consumo alle foreste".
tratto da: La cocaina fa male. Anche alle foreste - National Geographic

La cocaina rovina la vita e distrugge le famiglie, ma non solo tra i consumatori. Secondo un nuovo studio, la coltivazione della coca - la pianta da cui si ricava la cocaina - è tra le cause della crescente deforestazione nelle foreste pluviali colombiane. L'ecologa Liliana M. Dávalos della State University of New York e i suoi colleghi hanno anche misurato per la prima volta la deforestazione indiretta causata dalla coca, come ad esempio i tratti di foresta liberati per coltivare piante alimentari vicino alle piantagioni di coca.
"Abbiamo riscontrato che i tratti di foresta vicini alle piantagioni di coca della Colombia meridionale hanno maggiori probabilità di andare perduti", dice Dávalos. "E più coca c'è nelle vicinanze, più foresta andrà distrutta"
La coltivazione di coca, dunque, sta pesantemente danneggiando le specie vegetali e animali in una delle aree più ricche di biodiversità del mondo. Le foreste colombiane ospitano molti animali a rischio d'estinzione, tra cui aquile arpia, tapiri, rane dorate, orsi dagli occhiali.
Secondo gli autori, i risultati della ricerca segnalano la necessità di estendere la tutela a zone più ampie della foresta colombiana, dalle Ande all'Amazzonia: Dávalos e i suoi colleghi hanno scoperto che l'istituzione di parchi nazionali e altre aree protette, pur non eliminando per tutto le attività legate alla droga, le riducono notevolmente.
Le foglie di coca contengono un quantitativo minimo dell'alcaloide della cocaina. Da sempre gli abitanti delle Ande le masticano per trarne un blando effetto stimolante. Dalla pianta si ricava anche un infuso (il mate) e un tipo di farina. Ma l'esplosione globale del consumo di cocaina richiede di coltivare la pianta in quantitativi sempre maggiori.
Il nuovo studio, pubblicato sulla rivista Environmental Science & Technology misura la deforestazione a partire dalle immagini satellitari utilizzate normalmente proprio per individuare le piantagioni illegali. Nelle immagini, le piante di coca, di color verde chiaro, spiccano sullo sfondo della vegetazione più scura. I ricercatori hanno anche utilizzato le foto aeree scattate durante i voli di controllo.
Lo studio dimostra che le aree di foresta distrutte per liberare terreni su cui piantare la coca sono relativamente poco estese. Ma quando i coltivatori illegali si spostano in un'area remota per piantare la coca, diventa necessario coltivare anche piante alimentari, perfettamente legali, che però causano deforestazione in zone cruciali per la salvaguardia della biodiversità.
Dávalos precisa che questi effetti non sono visibili ovunque in Colombia. Il meccanismo è piuttosto complesso: "In definitiva, si pianta la coca in zone che sono già sottosviluppate economicamente". Vale a dire che le coltivazioni illegali vengono impiantate in aree che normalmente resterebbero incontaminate perché non sarebbe conveniente utilizzarle per altre attività economiche.
Lo studio suggerisce che estendere la protezione ad altre aree potrebbe essere un buon punto di partenza.
"Non che la deforestazione sia del tutto assente nei parchi nazionali, ma è almeno più lenta", sottolinea Dávalos. "Se prendiamo due aree che hanno le stesse caratteristiche, una protetta e l'altra no, scopriamo che in un determinato periodo di tempo l'area non protetta subirà una deforestazione più significativa.
Qualche buona notizia per le foreste viene da Rafael Lemaitre dell'ONDCP, l'agenzia del governo USA per le politiche di controllo della droga. Secondo le statistiche, la capacità produttiva delle piantagioni di coca colombiane è scesa da 700 tonnellate di cocaina nel 2001 a 270 nel 2009.
Poiché mancano i dati storici, non è chiaro quanto sia stato alto il tasso di deforestazione negli anni del boom, quando la quota di cocaina prodotta in Colombia passò dal 10 per cento del totale mondiale del 1987 a un picco del 74 per cento nel 2000.
Dávalos aggiunge che nel periodo in cui è stata realizzata la sua ricerca, la superficie totale delle terre coltivate a coca in Colombia è scesa a causa della distruzione o dell'abbandono di numerose piantagioni. Ma contemporaneamente ogni anno spuntano nuovi campi coltivati, per cui il tasso di deforestazione resta crescente.
Poiché il 95 per cento della cocaina consumata negli Stati Uniti viene dalla Colombia, il calo della produzione potrebbe corrispondere a un calo della domanda americana. Nel 2009, il più importante studio sul consumo di droga mai realizzato negli USA aveva mostrato che il numero dei consumatori di cocaina maggiori di 12 anni era calato del 20 per cento rispetto al 2007.
"La buona notizia è che la coltivazione di coca e la produzione di cocaina sono calate drasticamente", commenta Lemaitre. "La cattiva è che le conseguenze ambientali della coltivazione restano gravi".
I coltivatori di droga usano molti pesticidi, alcuni dei quali sono illegali in Colombia, continua Lemaitre. "Gli scarichi tossici sono sversati nel suolo o nei fiumi che attraversano la Colombia rurale.
Dávalos sottolinea comunque che la sua ricerca ha chiarito almeno un aspetto: "Abbiamo scoperto che c'è un filo che collega tutto, dal consumo alle foreste".