Paolo
Holofractale de l'hypervérité
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Ore 00:00 bong di semi di peganum harmala. Circa 1gr
Ore 00:35 bong di molecola. Circa 50 mg
Appena finito il bong tengo dentro come al solito il fumo per diversi secondi e lo getto fuori quando sento la vampata che inizia a salire. La vampata sale, sale, sale e non accenna a stabilizzarsi. Con un ultimo brandello di “io” dico fra me e me: “Ma non si ferma più?”.
Poi più niente: il black out.
Da qui in poi è iniziato un trip di circa 40 minuti (!) in cui non sono riuscito nemmeno per un secondo a godermi l’esperienza perché attanagliato dalla sicurezza assoluta che stessi per morire.
Dopo il black out iniziale durato mettiamo un minuto (un minuto, un’ora, un mese…) un brandello di coscienza è riapparso sotto forma di percezione di luci bianche che mi danzavano davanti agli occhi. La prima cosa che questo brandello di me ha pensato è stata che fossero passate molte molte ore, che fosse ormai già mattina, che i miei che abitano con me mi avessero ritrovato senza coscienza, riverso per terra, e avessero chiamato l’ambulanza e infine che quelle luci bianche fossero le lucette con cui i dottori controllano la risposta delle pupille alla luce.
I brandelli di pensiero andavano ai miei e al dolore che stavo loro dando essendo quasi crepato così, come un coglione, spippettando una droga del cazzo, dentro casa. Allora provavo a dare dei segni che andava tutto bene alzando il braccio e facendo il cenno dell’“ok”. Nelle mie intenzioni mi rivolgevo ai medici che mi stavano attorno: non potevo sapere che attorno a me non c’era nessuno perché se aprivo gli occhi tutto era solo una tempesta di colori e forme psichedeliche e niente era minimamente riconoscibile. Se qualcosa, per un attimo, diventava riconoscibile e capivo che non c’era nessuno… non ero sicuro che quella fosse la realtà e non un’immagine proiettata dalla mia mente e che invece la realtà che non potevo vedere fosse un’altra: tipo quella di un’ambulanza.
Ero molto confuso.
Dopo qualche minuto comunque ho capito di essere solo e che ero dove avevo fumato la molecola poco prima (prima quanto?). Da quel momento sono iniziati dei mastodontici sforzi di volontà per restare lucido e non farmi sommergere dalla botta perché ero assolutamente certo che se mi fossi lasciato andare sarei morto.
Questo non per paura del senso di dissolvimento del sé ma per una spiacevolissima sensazione nel corpo che era diventato rigido e come gonfio (o no?). Il mio collo se provavo a toccarlo sembrava turgido, grande come il tronco di un albero e altrettanto rigido. Tutto il corpo formicolava ad ondate e sembrava sul punto di scoppiare come un palloncino troppo gonfio.
Se mi fossi lasciato andare avrei perso conoscenza e sarei passato da uno stato di confusione completa alla morte senza accorgermene: ne ero assolutamente certo. E mi avrebbero ritrovato domani mattina così: lungo e crepato per via di un ictus in mezzo alla stanza.
Ad un certo punto mi sono sentito completamente bagnato da una sostanza viscosa. Ho pensato fosse sangue e visto che non potevo essermi ferito (o forse sì? Quando, dove, ferito chi? Io chi?) mi doveva essere esplosa qualche vena nel corpo. Dunque era fatta, andata, finita. L’indomani sarei stato un titolo sul giornale locale. Tutto quello che avevo fatto nella mia vita erano tutte sciocchezze in confronto all’ineluttabilità di questo momento: la mia vita terminava lì e il resto non contava più niente.
“Se rimani lucido non morirai. Non chiudere gli occhi, non chiudere gli occhi, rimani lucido, rimani presente, pensa a quello che fai. Alza le gambe per la circolazione. Non metterti in piedi che potresti svenire e cadere a terra. Rimani lucido. Rimani lucido. Se rimani lucido rimani vivo. Corpo mio non mi tradire. Se non passa entro 10 minuti dovrò svegliare mio padre, spiegargli come stanno le cose (come stanno le cose? Che ho fatto, che è successo?) e far chiamare l’ambulanza: è l’unico modo per non crepare. Ecco, la mia vita finisce qui.”
Nel frattempo, ad ondate: spazio, tempo, propriocezione e consapevolezza del proprio sé andavano e venivano ad intermittenza. Anche con gli occhi aperti era tutta un’onda colorata. Se allungavo le braccia potevo vederne le ossa oppure i muscoli come ai raggi x, come in un disegno di Alex Grey. Non era semplice dmt: era a tutti gli effetti lo spirito dell’ayahuasca.
La cosa è andata avanti così per circa 40 minuti. Un tempo spropositato. Lo so perché quando ero abbastanza certo che alzandomi non sarei svenuto e caduto a terra mi sono spostato fino al letto in un’altra stanza dove ho anche la sveglia.
La mia casa non la riconoscevo. Non concepivo più le proporzioni delle stanze: lunghezza e larghezza si confondevano.
So di aver pregato tutti i miei Spiriti tutelari.
Non è stata un’esperienza mistica né un’esperienza “profonda”.
Nemmeno per un attimo mi sono lasciato andare e ho combattuto con tutte le mie forze una lotta per rimanere lucido convinto (a torto?) che se avessi perso conoscenza non mi sarei più svegliato.
Il mio corpo mandava messaggi troppo strani, troppo preoccupanti: mi sarebbe piaciuto avere un misuratore di pressione ma credo proprio che i valori fossero completamente sballati.
Le cose che ho apprezzato son state: la forza dell’animalesco istinto di sopravvivenza, l’enormità quasi inumana della mia forza mentale, della mia lucidità. Incredibile come nonostante le ondate dissolutive e la certezza assoluta della morte imminente abbia dominato il panico e non abbia commesso imprudenze, sciocchezze o follie di sorta.
Incredibile come una parte di me, indistruttibile, rimaneva calcolatrice e fredda.
Anche dopo mezz’ora, ad occhi aperti, rimanevano onde colorate e frattali.
Dopo circa un’ora tutto andava per la normalità. Ora sapevo che non sarei più crepato e potevo abbandonarmi senza paura al trip. Gli ultimi 10 minuti li ho passati disteso ad occhi chiusi.
Ad effetti finiti cerco di ricordare dettagliatamente l’esperienza ma non riesco: alcune cose e alcuni momenti, specialmente quelli più vicini all’inalazione non li ricordo affatto. La mente non riesce a rimettere insieme tutto.
Infine dico che non ho mai provato una cosa così forte in tutta la mia vita.
Forse sono io, forse era il momento, forse c’entra l’alimentazione, forse è stato un caso. Non lo so.
Ma se mischiate MAOI e molecola, amici, fatelo con cautela e rispetto.Non eccedete: non serve.
saluti
Ore 00:35 bong di molecola. Circa 50 mg
Appena finito il bong tengo dentro come al solito il fumo per diversi secondi e lo getto fuori quando sento la vampata che inizia a salire. La vampata sale, sale, sale e non accenna a stabilizzarsi. Con un ultimo brandello di “io” dico fra me e me: “Ma non si ferma più?”.
Poi più niente: il black out.
Da qui in poi è iniziato un trip di circa 40 minuti (!) in cui non sono riuscito nemmeno per un secondo a godermi l’esperienza perché attanagliato dalla sicurezza assoluta che stessi per morire.
Dopo il black out iniziale durato mettiamo un minuto (un minuto, un’ora, un mese…) un brandello di coscienza è riapparso sotto forma di percezione di luci bianche che mi danzavano davanti agli occhi. La prima cosa che questo brandello di me ha pensato è stata che fossero passate molte molte ore, che fosse ormai già mattina, che i miei che abitano con me mi avessero ritrovato senza coscienza, riverso per terra, e avessero chiamato l’ambulanza e infine che quelle luci bianche fossero le lucette con cui i dottori controllano la risposta delle pupille alla luce.
I brandelli di pensiero andavano ai miei e al dolore che stavo loro dando essendo quasi crepato così, come un coglione, spippettando una droga del cazzo, dentro casa. Allora provavo a dare dei segni che andava tutto bene alzando il braccio e facendo il cenno dell’“ok”. Nelle mie intenzioni mi rivolgevo ai medici che mi stavano attorno: non potevo sapere che attorno a me non c’era nessuno perché se aprivo gli occhi tutto era solo una tempesta di colori e forme psichedeliche e niente era minimamente riconoscibile. Se qualcosa, per un attimo, diventava riconoscibile e capivo che non c’era nessuno… non ero sicuro che quella fosse la realtà e non un’immagine proiettata dalla mia mente e che invece la realtà che non potevo vedere fosse un’altra: tipo quella di un’ambulanza.
Ero molto confuso.
Dopo qualche minuto comunque ho capito di essere solo e che ero dove avevo fumato la molecola poco prima (prima quanto?). Da quel momento sono iniziati dei mastodontici sforzi di volontà per restare lucido e non farmi sommergere dalla botta perché ero assolutamente certo che se mi fossi lasciato andare sarei morto.
Questo non per paura del senso di dissolvimento del sé ma per una spiacevolissima sensazione nel corpo che era diventato rigido e come gonfio (o no?). Il mio collo se provavo a toccarlo sembrava turgido, grande come il tronco di un albero e altrettanto rigido. Tutto il corpo formicolava ad ondate e sembrava sul punto di scoppiare come un palloncino troppo gonfio.
Se mi fossi lasciato andare avrei perso conoscenza e sarei passato da uno stato di confusione completa alla morte senza accorgermene: ne ero assolutamente certo. E mi avrebbero ritrovato domani mattina così: lungo e crepato per via di un ictus in mezzo alla stanza.
Ad un certo punto mi sono sentito completamente bagnato da una sostanza viscosa. Ho pensato fosse sangue e visto che non potevo essermi ferito (o forse sì? Quando, dove, ferito chi? Io chi?) mi doveva essere esplosa qualche vena nel corpo. Dunque era fatta, andata, finita. L’indomani sarei stato un titolo sul giornale locale. Tutto quello che avevo fatto nella mia vita erano tutte sciocchezze in confronto all’ineluttabilità di questo momento: la mia vita terminava lì e il resto non contava più niente.
“Se rimani lucido non morirai. Non chiudere gli occhi, non chiudere gli occhi, rimani lucido, rimani presente, pensa a quello che fai. Alza le gambe per la circolazione. Non metterti in piedi che potresti svenire e cadere a terra. Rimani lucido. Rimani lucido. Se rimani lucido rimani vivo. Corpo mio non mi tradire. Se non passa entro 10 minuti dovrò svegliare mio padre, spiegargli come stanno le cose (come stanno le cose? Che ho fatto, che è successo?) e far chiamare l’ambulanza: è l’unico modo per non crepare. Ecco, la mia vita finisce qui.”
Nel frattempo, ad ondate: spazio, tempo, propriocezione e consapevolezza del proprio sé andavano e venivano ad intermittenza. Anche con gli occhi aperti era tutta un’onda colorata. Se allungavo le braccia potevo vederne le ossa oppure i muscoli come ai raggi x, come in un disegno di Alex Grey. Non era semplice dmt: era a tutti gli effetti lo spirito dell’ayahuasca.
La cosa è andata avanti così per circa 40 minuti. Un tempo spropositato. Lo so perché quando ero abbastanza certo che alzandomi non sarei svenuto e caduto a terra mi sono spostato fino al letto in un’altra stanza dove ho anche la sveglia.
La mia casa non la riconoscevo. Non concepivo più le proporzioni delle stanze: lunghezza e larghezza si confondevano.
So di aver pregato tutti i miei Spiriti tutelari.
Non è stata un’esperienza mistica né un’esperienza “profonda”.
Nemmeno per un attimo mi sono lasciato andare e ho combattuto con tutte le mie forze una lotta per rimanere lucido convinto (a torto?) che se avessi perso conoscenza non mi sarei più svegliato.
Il mio corpo mandava messaggi troppo strani, troppo preoccupanti: mi sarebbe piaciuto avere un misuratore di pressione ma credo proprio che i valori fossero completamente sballati.
Le cose che ho apprezzato son state: la forza dell’animalesco istinto di sopravvivenza, l’enormità quasi inumana della mia forza mentale, della mia lucidità. Incredibile come nonostante le ondate dissolutive e la certezza assoluta della morte imminente abbia dominato il panico e non abbia commesso imprudenze, sciocchezze o follie di sorta.
Incredibile come una parte di me, indistruttibile, rimaneva calcolatrice e fredda.
Anche dopo mezz’ora, ad occhi aperti, rimanevano onde colorate e frattali.
Dopo circa un’ora tutto andava per la normalità. Ora sapevo che non sarei più crepato e potevo abbandonarmi senza paura al trip. Gli ultimi 10 minuti li ho passati disteso ad occhi chiusi.
Ad effetti finiti cerco di ricordare dettagliatamente l’esperienza ma non riesco: alcune cose e alcuni momenti, specialmente quelli più vicini all’inalazione non li ricordo affatto. La mente non riesce a rimettere insieme tutto.
Infine dico che non ho mai provato una cosa così forte in tutta la mia vita.
Forse sono io, forse era il momento, forse c’entra l’alimentazione, forse è stato un caso. Non lo so.
Ma se mischiate MAOI e molecola, amici, fatelo con cautela e rispetto.Non eccedete: non serve.
saluti