Abej^a G.
Holofractale de l'hypervérité
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L’uso tantrico della Cannabis in India
[FONT=Verdana !important]The Tantric use of Cannabis in India
In India e in Nepal la Cannabis ha svolto e continua a svolgere un significativo ruolo religioso (cfr. Campbell, 1893-1894; Touw, 1981).
L’uso tantrico della Cannabis sorse in India attorno al settimo secolo d.C. in base a una mescolanza di dottrine e pratiche dell’Induismo Shivaita e del Buddismo tibetano.
Il Tantrismo raggiunse il suo culmine durante i periodi medievali nei regni di Bengala e Himalayano. V’è chi afferma che è ancora praticato oggigiorno segretamente da intellettuali dell’India del nord.
Uno dei più importanti testi tantrici induisti è il Mahanirvana Tantra, composto nell’XI secolo d.C.
Ci sono tre tradizioni indiane che derivano dall’antico culto vedico del Soma e che si intrecciano nelle pratiche tantriche: l’uso cerimoniale della Cannabis, il concetto di bevanda-veleno come atto divino e le pratiche yoga.
L’uso cerimoniale della Cannabis è attestato già nell’Atharva Veda e questa pratica è antica quanto quella vedica del soma. Mentre il soma era un sacramento, la Cannabis (bhang) era considerata una pianta speciale usata per scopi magico-sciamanici. L’Atharva Veda cita il bhang insieme al soma, entrambe facenti parte delle cinque piante usate a quei tempi “per la liberazione dalla sofferenza” (A.V. 11.6.15).
Il concetto di bevanda-veleno origina dall’evento mitologico noto come “Frullamento dell’Oceano di Latte”.
Avendo gli dei perduto l’amrita, l’elisir dell’immortalità, si allearono temporaneamente con i demoni (i Titani) con lo scopo di estrarla nuovamente dal mare primordiale, concepito come un mare di latte. Dopo aver lavorato all’impresa per mille anni, frullando il mare/latte, da questo emersero numerose entità – fra le quali la dea del loto e la dea del vino (Surya) -; apparve infine Dhanvantari, il medico degli dei, che portava una ciotola di amrita. Dal frullamento dell’Oceano di Latte emerse anche un veleno molto potente che con i suoi fumi rischiava di paralizzare l’universo. Il dio Shiva allora tenne il veleno nella sua gola, che diventò di colore blu. I demoni cercarono di tenere per se l’amrita e da qui originò una furiosa battaglia con gli dei del cielo, vinta da questi ultimi.
Nell’interpretazione tantrica l’amrita prodotta dal frullamento dell’Oceano di Latte è identificata con la Cannabis. Avendo dato la vittoria agli dei, è chiamata vijaya (“vittoria”, nel senso di “bevanda della vittoria”.
Per quanto riguarda la pratica dello yoga, questa non esclude nel suo senso originale l’uso di droghe psicoattive, in particolare la Cannabis, per l’acquisizione dei poteri magici (siddhi). Nel classico testo sullo yoga di Patanjali è riportato che i siddhi possono essere ottenuti alla nascita, oppure con le droghe vegetali (oshadhikrita), o attraverso la pratica dei mantra, o con l’ascetismo o, infine, con la concentrazione.
A differenza di quanto categoricamente negato dai moderni swami (maestri di yoga), che impongono ai loro discepoli di non usare droghe psicoattive nel corso delle loro pratiche, l’uso di droghe nello yoga è molto antico, considerato storicamente non disdicevole e si sviluppò appieno nella pratiche yogiche tantriche.
Nel Bengala – dove lo yoga tantrico raggiunse il suo culmine – la stessa Cannabis veniva chiamata siddhi.
Lo “yoga del sesso” fiorì nel tardo periodo vedico parallelamente allo yoga che prevede l’uso di droghe psicoattive (“yoga inebriante”.
Il Tantrismo riunisce l’uso cerimoniale della Cannabis e l’impiego consapevole dei “veleni” con lo yoga sessuale in un sistema completo di pratiche per il raggiungimento del mahanirvana (“grande nirvana”.
La pratica tantrica è difficile e pericolosa poiché prevede la rottura di profondi tabù, quali consumare carne, bere vino e l’incesto e utilizza cinque elementi essenziali (panchamakara) come mezzi di liberazione, chiamati i “cinque M”, in quanto i loro nomi iniziano tutti con la lettera “m”: liquore di vino (madya), pesce (matsya), carne (mamsa), cereale secco (mudra) e il rapporto sessuale (maithuna).
Quando questi elementi sono impiegati realmente, si parla di “pratica della mano sinistra”. Quando sono invece impiegati simbolicamente e sostituiti (come il latte al posto del vino), si parla di “pratica della mano destra”.
Il praticante della “mano sinistra” è detto vira, “eroe”.
Per la relazione della Cannabis con tale pratica si veda:
Cannabis e “veleni” nella pratica tantrica sessuale della mano sinistra (R. M. Aldrich)
Riferimenti Biografici:
ALDRICH R. MICHAEL, 1977, Tantric Cannabis Use in India, Journal of Psychedelic Drugs, vol. 9, pp. 227-233.
BHARATI A., 1970, The Tantric Tradition, Doubleday, Garden City, N.Y.
CAMPBELL M. JAMES, 1893-1894, Note on the religion of Hemp, in: Report of the Indian Hemp Drugs Commission, Bombay.
TOUW MIA, 1981, The Religious and Medicinal Uses of Cannabis in China, India and Tibet, Journal of Psychoactive Drugs, vol. 13, pp. 23-34.
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L'uso tantrico della Cannabis in India | Giorgio Samorini Network
http://samorini.it/site/antropologi...abis-india/sessualita-tantrica-mano-sinistra/
[FONT=Verdana !important]The Tantric use of Cannabis in India
In India e in Nepal la Cannabis ha svolto e continua a svolgere un significativo ruolo religioso (cfr. Campbell, 1893-1894; Touw, 1981).
L’uso tantrico della Cannabis sorse in India attorno al settimo secolo d.C. in base a una mescolanza di dottrine e pratiche dell’Induismo Shivaita e del Buddismo tibetano.
Il Tantrismo raggiunse il suo culmine durante i periodi medievali nei regni di Bengala e Himalayano. V’è chi afferma che è ancora praticato oggigiorno segretamente da intellettuali dell’India del nord.
Uno dei più importanti testi tantrici induisti è il Mahanirvana Tantra, composto nell’XI secolo d.C.
Ci sono tre tradizioni indiane che derivano dall’antico culto vedico del Soma e che si intrecciano nelle pratiche tantriche: l’uso cerimoniale della Cannabis, il concetto di bevanda-veleno come atto divino e le pratiche yoga.
L’uso cerimoniale della Cannabis è attestato già nell’Atharva Veda e questa pratica è antica quanto quella vedica del soma. Mentre il soma era un sacramento, la Cannabis (bhang) era considerata una pianta speciale usata per scopi magico-sciamanici. L’Atharva Veda cita il bhang insieme al soma, entrambe facenti parte delle cinque piante usate a quei tempi “per la liberazione dalla sofferenza” (A.V. 11.6.15).
Il concetto di bevanda-veleno origina dall’evento mitologico noto come “Frullamento dell’Oceano di Latte”.
Avendo gli dei perduto l’amrita, l’elisir dell’immortalità, si allearono temporaneamente con i demoni (i Titani) con lo scopo di estrarla nuovamente dal mare primordiale, concepito come un mare di latte. Dopo aver lavorato all’impresa per mille anni, frullando il mare/latte, da questo emersero numerose entità – fra le quali la dea del loto e la dea del vino (Surya) -; apparve infine Dhanvantari, il medico degli dei, che portava una ciotola di amrita. Dal frullamento dell’Oceano di Latte emerse anche un veleno molto potente che con i suoi fumi rischiava di paralizzare l’universo. Il dio Shiva allora tenne il veleno nella sua gola, che diventò di colore blu. I demoni cercarono di tenere per se l’amrita e da qui originò una furiosa battaglia con gli dei del cielo, vinta da questi ultimi.
Nell’interpretazione tantrica l’amrita prodotta dal frullamento dell’Oceano di Latte è identificata con la Cannabis. Avendo dato la vittoria agli dei, è chiamata vijaya (“vittoria”, nel senso di “bevanda della vittoria”.
Per quanto riguarda la pratica dello yoga, questa non esclude nel suo senso originale l’uso di droghe psicoattive, in particolare la Cannabis, per l’acquisizione dei poteri magici (siddhi). Nel classico testo sullo yoga di Patanjali è riportato che i siddhi possono essere ottenuti alla nascita, oppure con le droghe vegetali (oshadhikrita), o attraverso la pratica dei mantra, o con l’ascetismo o, infine, con la concentrazione.
A differenza di quanto categoricamente negato dai moderni swami (maestri di yoga), che impongono ai loro discepoli di non usare droghe psicoattive nel corso delle loro pratiche, l’uso di droghe nello yoga è molto antico, considerato storicamente non disdicevole e si sviluppò appieno nella pratiche yogiche tantriche.
Nel Bengala – dove lo yoga tantrico raggiunse il suo culmine – la stessa Cannabis veniva chiamata siddhi.
Lo “yoga del sesso” fiorì nel tardo periodo vedico parallelamente allo yoga che prevede l’uso di droghe psicoattive (“yoga inebriante”.
Il Tantrismo riunisce l’uso cerimoniale della Cannabis e l’impiego consapevole dei “veleni” con lo yoga sessuale in un sistema completo di pratiche per il raggiungimento del mahanirvana (“grande nirvana”.
La pratica tantrica è difficile e pericolosa poiché prevede la rottura di profondi tabù, quali consumare carne, bere vino e l’incesto e utilizza cinque elementi essenziali (panchamakara) come mezzi di liberazione, chiamati i “cinque M”, in quanto i loro nomi iniziano tutti con la lettera “m”: liquore di vino (madya), pesce (matsya), carne (mamsa), cereale secco (mudra) e il rapporto sessuale (maithuna).
Quando questi elementi sono impiegati realmente, si parla di “pratica della mano sinistra”. Quando sono invece impiegati simbolicamente e sostituiti (come il latte al posto del vino), si parla di “pratica della mano destra”.
Il praticante della “mano sinistra” è detto vira, “eroe”.
Per la relazione della Cannabis con tale pratica si veda:
Cannabis e “veleni” nella pratica tantrica sessuale della mano sinistra (R. M. Aldrich)
Riferimenti Biografici:
ALDRICH R. MICHAEL, 1977, Tantric Cannabis Use in India, Journal of Psychedelic Drugs, vol. 9, pp. 227-233.
BHARATI A., 1970, The Tantric Tradition, Doubleday, Garden City, N.Y.
CAMPBELL M. JAMES, 1893-1894, Note on the religion of Hemp, in: Report of the Indian Hemp Drugs Commission, Bombay.
TOUW MIA, 1981, The Religious and Medicinal Uses of Cannabis in China, India and Tibet, Journal of Psychoactive Drugs, vol. 13, pp. 23-34.
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L'uso tantrico della Cannabis in India | Giorgio Samorini Network
http://samorini.it/site/antropologi...abis-india/sessualita-tantrica-mano-sinistra/